Volte nella storia. Roma, la città eterna, è ricca di testimonianze architettoniche legate agli archi e alle volte. Le volte a botte, ad esempio, sono spesso elementi di grande rilievo nei monumenti dell’antica Roma. Ma ripercorriamo la storia della volta nella principale civiltà di questa penisola.
Come scrive la ricercatrice, Elide Tomasoni, dell’università di Torino, “I romani, pur riprendendo tecniche greche ed etrusche penetrate in Italia, le perfezionarono ed elaborarono al punto da assumere padronanza assoluta sia per i materiali che per le tecniche e, sulla base dell’esperienza maturata in seguito, mostrarono di aver acquisito consapevolezza sui problemi dell’utilizzo delle volte, ossia la necessità di irrigidire la volta e il fatto che si tratti di una struttura spingente”.
Tratto distintivo fu l’utilizzo degli archi a tutto sesto, nei quali i conci presentavano giunti tutti convergenti verso il centro di curvatura, dando vita ad opere piuttosto regolari. Inizialmente l’architettura romana fu caratterizzata da archi realizzati con grossi conci di pietra o con mattoni disposti radialmente: tra un concio e l’altro venivano inserite all’estradosso, schegge più piccole e malta. Più in là prese piede la tecnica dell’opus caementicium: uno dei più antichi e celebri esempi è il tempio di giove Anxur a Terracina, databile al I secolo a.C (nella figura è possibile ammirare un corridoio coperto con volta a botte).
L’opera cementizia (opus caementicium in latino) è una tecnica edilizia inventata dai Romani, basata sull’uso del cementizio, materiale composto da un insieme di malta e di caementa, cioè pietre grezze o frammenti di pietra spezzati o ghiaia. La malta, a sua volta, è formata da calce mescolata con sabbia o pozzolana.
Nell’epoca di Domiziano e sotto Traiano, a partire dal II secolo d.C. si diffuse invece il sistema costituito da un manto di mattoni bessali, tipici mattoni romani quadrati con lato canonico di 19,7 cm disposti sopra la centina.
L‘aumento delle dimensioni delle volte creò, in seguito, la necessità di alleggerire, di creare strutture più leggere e al tempo stesso resistenti. “Per la prima volta nel Pantheon venne realizzata una struttura in cui la composizione degli inerti dell’opus caementicium variava all’interno della massa muraria”. A questo grandioso esempio ne seguirono altri, come il Mausoleo Rotondo di Tor de Schiavi. Il mausoleo ha due piani, di cui quello inferiore, semisotterraneo, è un vasto ambiente coperto da volta a botte retta da un pilastro centrale.
Un altro metodo escogitato dai romani per alleggerire e ridurre la spinta orizzontale fu l’inserimento di olle laterizie all’interno della gettata in opus caementicium. Le olle presentavano una superficie esterna grezza che consentiva una migliore aderenza della malta. Uno dei primi esempi dell’impiego di anfore nelle volte romane è nella volta a crociera dei magazzini Traianei a Ostia. E ancora il mausoleo di Sant’Elena detto appunto Tor Pignattara. Un uso più consapevole di questo metodo lo si ritrova nel tempio di Minerva Medica, risalente al IV secolo d.C.
Una risposta to “LE VOLTE NELL’EDILIZIA DEGLI ANTICHI ROMANI”
27 Aprile 2012
Volte leccesi: curiosità storiche.[…] un ambiente signorile e sontuoso, quasi sacro. Nata dalla capacità ingegneristica dei romani, la copertura a volta si è sviluppata largamente nel Salento proprio grazie all’abbondanza della materia prima, la […]